L’ APPENNINO CHE SUONAVA: UN FILM

 

 

Una recensione     del film “ l’Appennino che suonava “ è  apparsa a pag. 225 del    nuovo numero 127/2019  di “RICERCHE STORICHE”, la prestigiosa rivista semestrale edita dall’ISTORECO di Reggio Emilia

 

 

 

Alessandro Scillitani

L’Appennino che suonava

film documentario

Italia 2018,  72,  s.i.p.

 

 

 

Recensione di  Bruno Grulli

L’ Associazione Amici della Piva dal Carner, in collaborazione con Artemide Film, ha prodotto un film che è stato presentato al cinema Rosebud di Reggio Emilia il 19 febbraio scorso con grande successo di pubblico. Nato da una mia idea scaturita durante le ricerche sulle musiche dell’Appennino Reggiano il lungometraggio, per settantadue minuti, ritorna sui luoghi in cui sono stati operativi i vecchi suonatori cogliendone il ricordo ancora vivo di essi. Della mia intenzione di produrre questo film ne parlai, prima del 2012, a Paolo Vecchi che mi consigliò di  fissarne subito il soggetto ma solo dal 2014 cominciai ad abbozzarne la sceneggiatura basandomi sulle ricerche  già pubblicate. L ’ obiettivo principale è stato quello di sviluppare una conversazione sui suonatori negli aspetti storici, artistici, conviviali, ludici ed antropologici  avvalendoci  di testimonianze di chi  visse  in quel mondo.    L’11 maggio 2017 il fotografo Varini mi presentò il regista Alessandro Scillitani al quale parlai del film che avrei voluto fare. Dopo alcuni giorni gli girai il soggetto che tenevo nel cassetto ed il 30 luglio gli consegnai la bozza della sceneggiatura che allora aveva una struttura molto documentaristica e prevedeva una voce narrante molto presente. La sceneggiatura originaria non concedeva nulla alla “tradizione ed alla nostalgia per il bel tempo andato” e poneva il ballo non come “festa popolare paesana” ma bensì come manifestazioni della cultura musicale del borgo immersa nella economia agrosilvopastorale. E’ stato fatto largo uso di foto e di filmati d’epoca o recenti.   Le riprese girate e montate dal regista Alessandro Scillitani presero avvio il  2 settembre 2017 per concludersi dopo 11 uscite il 18 giugno 2018. Un tempo apparentemente  lungo ma interrotto da  tempi  morti. Fin dalla prima ripresa colsi la diversa impostazione del lavoro, la mia di carattere etnomusicologico-documentaristico quella di Alessandro più anedottistica ed intimistica.   Il mio senso autocritico mi suggerì di mutare la mia impostazione, troppo massiva per un film che doveva anche essere scorrevole, piacevole ed allietato da musiche d’epoca originali o riproposte da Emanuele Reverberi, Paolo Simonazzi ed altri. Rinunciando alla voce narrante molti aspetti non poterono così essere trattati ma gli interventi di Simonazzi sopperiscono in parte a tali assenze. Il film è divenuto dunque il risultato di una mediazione tra le due  impostazioni. Quello che non potei dire nel film è stato scritto nel corposo libretto allegato al DVD.   Il film è giocato su alcune scene particolarmente spettacolari alle quali pensavo da anni: messo a punto con la regia è nato il ballo nella osteria di curio a Migliara, la festa campestre con violinista e fisarmonicista seduti di schiena,  l’attraversamento di Vercallo con piva e violino, la quadriglia di Sillano sul passo di Pradarena,il passo di Scalucchia, la  marcia del Maggio di Costabona. Altre parti del film sono da attribuire al regista ed ai suonatori, in particolare l’intermezzo di ghironda. Il quadro culturale è attento al rigore scientifico ma non assillato da accanimento filologico.   I brani apparsi nel film, riportati in originale negli extra, sono ventitrè tra lisci e saltati. Notevole la ricostruzione dei brani per piva operata da Reverberi. Le figurazioni delle danze, in particolare della Furlana e del ballo dei Tre Gobbi delle quali ne sono note diverse versioni,sono dedotte dalle interviste o da filmati. Del ballo dei Tre Gobbi abbiamo messo in scena una versione semplificata.

Voglio in chiusura ricordare Gabriele Ballabeni scomparso alcuni anni orsono ed il fotografo Claudio Zavaroni ammazzato nell’85 nello  stadio di Heysel in Belgio che mi accompagnarono spesso in montagna. Molte foto viste nel film sono di Claudio.

P.d.C.

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